Santuario Ss.ma Maria di Stignano, 2009 - foto Ludovico Centola

Santuario Ss.ma Maria di Stignano, 2009 – foto Ludovico Centola

Leggenda e Storia ne fanno uno dei primi santuari mariani del Foggiano e una delle più notevoli architetture del 1500. Posto sull’antica via Langobardorum all’incrocio con l’attuale SS. n. 272. in una valle di grande fascino.
Ricco di storia e insigne per arte, trae le sue origini in epoca medievale. Il suo nome infatti lo si trova per la prima volta in un documento del 21 Settembre 1231 dell’ archivio di stato di Napoli, attestante il già esistente culto alla Vergine.

La tradizionale pietà, infatti, narra di un cieco della zona (tale Leonardo Di Falco) che, nel suo vario errare per mendicare un po’ di cibo, fu sorpreso nel sonno dalla voce di una donna bellissima, la quale ad un tempo, gli ridonò la vista e gli indicò la presenza di un suo simulacro nascosto sui rami di una robusta quercia. Il miracolato avrebbe informato subito i vicini abitanti di Castelpagano i quali, colpiti dal duplice prodigio, accorsero in processione sul luogo, e costruirono una piccola chiesetta nel luogo della apparizione della Vergine, precisamente nel secondo arco della navata sinistra per chi entra nel tempio.

I due quadri sul tamburo dell’ingresso principale, e che sono probabilmente opera del ‘600, ritraggono il miracolo e il conseguente rinvenimento. Oltre alla bella leggenda vi è la vera storia la quale grossomodo narra che in quel periodo fu ordinato di distruggere le icone e le statue che si trovavano in tutte le chiese, così alcuni monaci nascosero la statua della Madonna su di una quercia che si trovava proprio dove c’è l’attuale santuario, fino a quando non fu ritrovata da un pastore di Castelpagano che pascolava nella valle… e poi nacque la leggenda.
Secondo gli storici la chiesetta era uno dei tanti oratori che costellavano i declivi e le vette che menano da Stignano a Castelpagano (dei quali si possono ancora ammirare i ruderi di quello della SS. Trinità sulla vetta retrostante al Convento e dell’altro di S. Agostino verso Castelpagano).
Tutti questi oratori trovano la spiegazione storica nel fatto che essi siano stati i primi posti di riposo e confortò ai numerosi romei che qui stazionavano prima di affrontare ia restante faticosa via per la Grotta dell’Angelo. Oppure uno dei tanti eremi di perfezione spirituale e sicurezza nel decadere turbinoso dell’Impero Romano e nel dilagare delle invasioni barbariche, al sorgere della nuova religione e al diffondersi del monachesimo.

La vita di San Francesco negli affreschi del chiostro maggiore di Stignano

Nel 1500, la bellezza del luogo e il crescere prodigioso della Vergine miracolosa sollecitarono il cistercense Fra Salvatore Scalzo il quale, ansioso di una riforma nel suo ordine, abbandonò i confratelli monaci dell’abbazia di S. Giovanni in Lamis (l’attuale Convento di S. Matteo) e si ritirò qui fondando un nuovo sodalizio e costruendo un Convento accanto alla Chiesetta. Con l’aiuto del noto feudatore Ettore Pappacoda di Napoli, distrusse il vecchio oratorio e costruì questa nuova Chiesa tra il 1515.
Il merito fu quasi esclusivamente del Pappacoda il quale, dove era l’antico ingresso dell’oratorio sulla attuale parete di levante pose a suo vanto l’epigrafe che tuttora vi si legge. Fallito il tentativo di riforma di Fra Salvatore Scalzo, nel 1560 il Papa Medici, Pio IV, affidò il Santuario ai Frati Minori Osservanti. La chiesa fu poi dichiarata insigne e dotata di speciali indulgenze.
I frati minori incrementarono anche la fabbrica portando a termine la Chiesa nel 1613 con la costruzione del Transetto, della Cupola, del Coro e del Campanile nel 1615. La Chiesa fu consacrata nel 1679 da Mons. Vincenzo Maria Orsini, Arcivescovo di Manfredonia poi divenuto Papa col nome di Benedetto XIII.

La storia narra che nel 1774 presso Rodi Garganico si arenò un capodoglio e gli abitanti del sobborgo impauriti dall’innocuo “mostro marino” invocarono l’aiuto della Madonna. Per ringraziare la Vergine della grazia ricevuta, portarono al convento due grosse ossa custodite nel santuario fino a qualche tempo quando furono il santuario fu soggetto a diversi furti.

Fino alla metà del sec. XIX fu uno dei più grandi santuari mariani della Capitanata. La festa, che si celebrava il 15 agosto, richamava per tutta l’estate folle considerevoli; in tale occasione il vescovo di Lucera, nel cui territorio il santuario ricadeva, inviava ben venti sacerdoti che vi svolgessero servizio di confessori.
Nei primi decenni del sec. XVII il convento, insieme a quello di San Matteo, divenne noviziato della provincia francescana di Sant’Angelo. Alla fine dello stesso secolo era superiore P. Salvatore da Morrone nel Sannio, di santa vita. Nel 1686 una persistente siccità aveva prosciugato ogni riserva d’acqua mettendo la comunità dei Frati, che non era piccola, in grave difficoltà. P. Salvatore ricorse alla Vergine di Stignano, e un giorno, dopo aver pregato con confidenza, trovò la cisterna del secondo chiostro colma di freschissima acqua. La fama di quest’acqua miracolosa si sparse dovunque sì che il Barone di Rignano, proprietario delle case addossate al convento, ne portò qualche bottiglia a Napoli dove si ottennero “molte e mirabili gruarigioni”, così ricorda il P. Serafino Montorio nella sua opera Zodiaco di Maria.
I Frati di Stignano giravano tutta la Capitanata per la questua ed erano da tutti conosciuti. La loro ospitalità qualche volta procurò qualche imbarazzo come quando, nel 1647, al tempo della rivolta di Masaniello, avendo a Foggia preso il comando della rivolta il “notar” Sabato Pastore, alcuni nobili del capoluogo dauno cercarono a Stignano sicuro asilo.
I Padri Francescani fecero di questo Convento una casa di studio e di Noviziato per la formazione dei religiosi, rendendolo ambita dimora di Religiosi Santi e Dotti. Nei secoli posteriori il Santuario subì altri rimaneggiamenti a causa di terremoti (1627) e incendi (1814).


Il 15 aprile 1863, sotto il grande arco che unisce la chiesa all’antica casa del Barone di Rignano un colpo di fucile mise fine alla drammatica carriera di Nicandro Polignone, uno dei capi briganti. Chiuso nel 1862 per il dilagare del brigantaggio fu riaperto nel 1864.
Per le leggi eversive del 1870 che decretavano la soppressione degli Ordini Religiosi e il relativo incameramento dei beni, il Convento, divenuto proprietà del demanio, fu acquistato dalla nobile famiglia Centola di San Marco in Lamis, grazie alla quale e ai suoi eredi, i Frati vi potettero menare vita saltuaria secondo le più o meno favorevoli vicende politiche dei tempi. L’illustre erede dott. Francesco Centola, con atto notarile del dott. Francesco Tardio fu Massimo del 7 ottobre 1953, donò il Santuario con tutta la annessa proprietà alla Provincia Monastica dei Frati Minori in Puglia, i quali si diedero subito a ripristinarlo, disponendolo col nome di Oasi Francescana a luogo di Esercizi Spirituali e a studi di aggiornamento in consonanza delle nuove esigenze della Chiesa nel mondo contemporaneo.

Al di fuori si ammira la magnifica facciata cinquecentesca della Chiesa di stile romanico abruzzese e del bel monumento a Pio XII (donato nel giugno 1966 dalla Associazione di Cultura Contardo Ferrini).
L’altare maggiore è stato progettato dal Prof. Luigi Schingo da San Severo.
Nell’aula magna vi è una cattedra settecentesca con magnifiche pitture sulla vita della Madonna.
Nell’interno vi è l’incantevole loggiato cinquecentesco con il pregevolissimo portale del 1576 e le pitture cicliche sulla vita di S. Francesco.
Una antica leggenda narra che S. Francesco al ritorno dall’Oriente sia passato per questa valle e abbia benedetto i suoi frutti, era il 1216.

 

INTEGRAZIONE DI GABRIELE TARDIO – 5 Febbraio 2007

Nel XIV secolo in quell’eremo vivevano i discalceati spirituali flagellanti fino a che fra Salvatore e i suoi soci non furono allontanati per le loro posizioni contro il papato ed esiliati. Il Pappacoda per rendere il luogo più bello con la devozione degli abitanti costruì una nuova chiesa che era più grande e più magnifica di quella sita nel territorio dell’Abbazia. E chiamò fra Ludovico Corneto con alcuni fraticelli francescani ad abitare quel luogo in modo di far risuonare le laudi di Dio. Per la santità di vita e il profumo dell’umiltà che si elevava da quel sacro luogo molti accorrevano umilmente ai piedi della Madonna per rendere a lei tutti i servigi. Dietro insistenza degli abitanti della valle il Papa concesse la facoltà di ampliare il convento e diede la sua paterna benedizione. Gli osservanti francescani ampliarono il convento e rendevano il culto a Dio e alla sua Vergine Madre. Tutti trovavano il refrigerio dell’anima e del corpo e la Madonna faceva moltissimi miracoli.
Il culto di Maria Vergine, Madre di Dio, è attestato nella valle di Stignano già nel XII sec. Si tramanda l’apparizione della Madonna del 1213 nella “valle della balzata” nelle vicinanze del Convento: l’annu del Signore 1213 nel Paese di San Marco v’era una Peste horribile, che portava grandi terrore, si trovò nello Loco dove hoggi è la Madonna dello Stignano uno simplici Pasturi, e di buona vita, e stando con le pecore in ditto Luoco li apparse una Figliola di bella vista, e lo dimandò che facesse, e che si faceva nel Paeso, li rispose dittu Pasturi, che guardava le pecore nello Paesu vi è una peste grande, e per lo timore non si ne ieva, e la Figliula li rispose non temete aiustate il Tempio di Santa Maria in detta valle che prima c’era il casale, che sarete libri, non solo da questo, ma da tutti autri travagli, e vi sarà protettrice in tutti l’autri vostri bisogni,…Poscia apparve la Madonna a De Falco che guarì lo sguardo e anco Castel Pagano tenne la sua Santa Maria di Stignano, ma la nostra è più antica e più frequentata.
In un documento del 1231 è indicato un olivetum S. Mariae in valle Stiniani, ma non si sa dove fosse ubicato. Si sa che nel 1325 “l’Archipresbiter vallis Stignani” pagava due tarì di decima alla Santa Sede, mentre per la chiesa di Santa Maria in valle di Stignano ne viene pagato uno solo.
Agli inizi del XVI sec. si iniziano i lavori per recondere la chiesa di Santa Maria di Stignano con il contributo degli abitanti di Castelpagano e del feudatario Pappacoda. Di lì inizia la nuova era del culto mariano nella valle di Stignano.

Se nell’attuale sito del Convento di Stignano ci fosse una cappella o una piccola edicola o altro edificio sacro fino alla fine del XV sec. non è dato sapere. La data 1515 è indicata da Gonzaga e da Wadding come inizio della fondazione del convento. Ma la lapide e queste indicazioni non confermano e non smentiscono la presenza precedentemente di una cappella e di un luogo di soggiorno di eremiti o di altri pii devoti. La lapide non conferma la pia leggenda dell’apparizione del 1350 a Leonardo De Falco, né che il luogo fosse abitato da frati o eremiti.
Gonzaga scrive che il convento fu fondato da un certo fr. Sal¬vatore «discalciato» circa l’anno 1515, in seguito, abbandonato dai compagni di fr. Salvatore, il convento passò ai frati minori osservanti della Provincia di Sant’Angelo. Wadding ripete la stessa testimonianza di Gonzaga. Gli editori di Quaracchi notano che «fr. Salvator discalceatus Minori¬bus addictus», cioè aggregato ai frati minori. Altri vogliono vedere in fra Salvatore uno dei tanti francescani spirituali scomunicati dal papato. Ma non si sa chi effettivamente fosse fr. Sal¬vatore «discalciato», alcuni lo dicono cistercense ma senza altra specificazione, altri invece lo fanno appartenere al nucleo dei francescani «discalciati», che dopo la morte di san Pietro d’Alcantara (1562), prenderanno il nome di Alcantarini. Bisogna tener presente che nel Quattrocento affluirono nella Capitanata e nel Gargano, da diverse parti d’Italia, francescani ansiosi di riforma. P. Doroteo Forte avanza l’ipotesi che fr. Salvatore dovette facilmente venire dall’Umbria ove i pochi discalciati abitavano in luoghi boscosi e selvaggi. Quando venne in Puglia trovò l’indifferenza dei Conventuali e l’avversione degli Osservanti. Dovette fermarsi, per qualche tempo, a Celenza Valfortore, dove si adoperò per la fondazione di una casa (1510), poi passò in una località non ben precisata, detta da Wadding «Castrum Forolivii», non lontano da Monte Gargano, ove si ritirò in una selva, finalmente si diresse alla valle di Stignano, ove trovò rifugio presso l’antica cappella di S. Maria.
Alcuni avanzano l’ipotesi che i seguaci di fr. Salvatore dovettero abbandonare la chiesa e il piccolo conventino o celle adiacenti per contrasti religiosi, altri invece sostengono che si aggregarono alla riforma osservante che era sorta dopo la divisone del 1517 dell’ordine dei frati minori tra i frati minori e i frati minori conventuali, altri ancora che alla morte di fr. Salvatore i suoi seguaci si dispersero.
Raoul Manselli sostiene la presenza di francescani spirituali sul Gargano già nel XIII sec., prima della scomunica fatta da Bonifacio VIII, e la loro presenza successiva anche dopo la condanna papale.
Nel 1587 il Gonzaga nello scrivere il libro De origine seraphicae religionis descrive l’origine del convento di Stignano. Il predetto frate Salvatore Scalzo lo edificò intorno al 1515; in seguito i suoi confratelli lo abbandonarono e infine fu affidato ai Padri di questa Provincia per vivo interessamento degli abitanti della Valle di Stignano. Nel 1561, poiché alcuni secolari rozzi e senza religione li molestavano, i dodici frati ivi dimoranti impetrarono ed ottennero dal Sommo Pontefice Pio IV, nel primo anno del suo pontificato, un breve apostoli¬co, che conservano diligentemente, in cui veniva sancito il diritto al pacifico possesso del luogo. Da quell’anno vissero in pace dedicandosi alle cose di Dio. Questo, infatti, è un luogo solitario, immerso nel bosco, adatto alla contempla¬zione, molto amato dai secolari per i frequenti miracoli che accadono continuamente dinanzi all’immagine della gloriosa Vergine, e per la santa vita che conducono i dodici frati, fra cui si ricorda F. Ludovico da Corneto il quale, per la somma semplicità e continua orazione, fu il terrore dei demoni.
I franti minori osservanti andarono nel convento nella prima metà del XVI sec. e forse cominciarono ad adattarlo alle esigenze di una degna vita religiosa nello stile della riforma osservante. Dopo l’insediamento ci saranno stati sicuramente dei contrasti sulla presenza dei francescani a Stignano con alcuni abitanti della valle di Stignano e, forse, con il clero di Castelpagano e di San Marco in Lamis. I guardiano e i frati furono costretti a chiedere al Papa Pio IV l’autorizzazione a risiedere a Stignano. La forma privilegii concessi a Sede Apostolica de confirmatione Loci Sanctae Mariae de Stignano tempore guardianatus rev. patris Seraphini Civitatis Luceriae, «Iustis pententium desideriis» del 30 marzo 1560 riconosce la presenza a Stignano e il legittimo possesso del convento da parte dei frati francescani.

Nel 1587, Gonzaga notava: «questo luogo solitario e boscoso, adatto alla contemplazione, dai devoti circonvicini è molto stimato per i frequenti miracoli che lì avvengono per un’immagine della gloriosis¬sima Vergine».
Questa valle per centinai d’anni è stata abitata da santi eremiti.
P. Serafino Montorio nello Zodiaco di Maria per descrivere la religiosità della valle di Stignano dice: “… nella quale fra molte altre chiesette abitate da esemplari romiti, vedesi innalzato un vago e magnifico tempio…”. Il Fraccacreta agli inizi del XIX sec. scrive “Fra que’ boschi con Cappelle, quadri, orti, cisternole furono i Romitaggi diruti della Trinità, di S. Onofrio, S. Agostino, S. Giovanni, della Maddalena, Nunziata, S. Giuseppe, S. Stefano, della Pietà con due Romiti in tempo dele detto apprezzo, e del Salvatore.” La presenza di eremi e degli eremiti in quella valle è documentata da molti documenti archivistici, da leggende popolari e dalla presenza dei ruderi degli eremi. Molti eremiti erano anche di fuori regione e alcuni hanno vissuto solo alcuni anni per poi trasferirsi in altri luoghi. E’ documentata l’assistenza spirituale dei frati di Stignano a questi eremiti. Mons. Caravita, vescovo di Vieste, volle incontrare i santi eremiti che sogliono vivere tra quelle balze per rinsaldarli nella fede e nella vita di penitenza. Andrebbe fatta un’attenta ricerca storiografica e archivistica, corredata da una ricognizione dei luoghi, delle pitture e delle tombe presenti in questi eremi.
alcuni nomi di eremiti:Si ricordano agli inizi del XVII sec. fra Aniceto Romito, alla metà del secolo un eremita seppellito il 3 febbraio 1662 a S. Stefano da piede Castello e un sacerdote eremita nel 1680. Nel sec. XVIII: Alessandro Gravina, Nicola Calvitto, fra Giuliano della terra di Siracusa in Sicilia, fra Matteo Cammarino, fra Michele Guglielmo, Domenico Romano, Nicola Pisano e fra Giovanni Battista (morto in Valle Staniani in loco ubi dǐ il luogo Grande, con elogio funebre nei registri di morte).

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