Seguendo la strada nazionale 272 che collega San Severo a San Marco in Lamis, si passa per la valle di Stignano che dolcemente si insinua tra due file di monti, quasi a voler rimembrare ai passanti che si abbandona la pianura del Tavoliere delle Puglie per accedere al Gargano, cui funge da porta. I ruderi di un castello dominano la valle “a perenne monito”.
Da secoli la natura rigogliosa ed il silenzio del vento accompagnano generazioni di uomini che accedono a questa brulla terra. E’ in questa valle che echeggia ancora un passato, che non tutti conoscono in dettaglio, ma che è stato fondamentale per la storia di questi luoghi e delle sue genti.
Ci concentreremo sullo studio del fenomeno dei romitaggi sul Gargano ed in modo particolare sugli Eremi della Valle di Stignano, cercando di capire le cause che hanno spinto nei secoli centinaia di religiosi e laici a condurre una vita ascetica proprio in questa zona del nostro territorio.
Ma prima di far questo è doveroso fare una breve, ma sistematica introduzione.
In molte opere romane viene citato il Gargano. Doveva essere una zona impervia e popolata da fiere (Hor. Ep. 2, 1, 202, Garganum nemus), con delle immense querce (Hor. Carm. 2, 9, 6—7, Aquilonibus / querceta Gargani laborant). Anche Licofrone e Strabone parlano del Gargano e dei culti pagani che si praticavano in epoca precrisitana. Proprio Strabone nel volume VI della sua “Geografia” afferma che erano venerati Calcante, Podalirio, Giano e Vesta. Si parla anche di oracoli e sacelli dei quali oggi si sono perse le tracce.
Alcuni hanno localizzato il sacello di Calcante sul monte dove apparve l’arcangelo Michele, mentre lo scrittore sanseverese Matteo Fraccacreta nel suo “Teatro storico poetico della Capitanata e degli altri luoghi più memorabili e limitrofi della Puglia” del 1834 riporta:
- “… vicino adorarono il sacello di Calcante sul monte Drion, dov’è il convento di S.M. di Stignano nel luogo detto Drinara“, tomo III parte I pag. 43
- “…di questi sacelli, e colle ecco Strabone lib.6 tradotto dal casabuono: Collis in daunia est Drium nomine. apud eum sacella monstrantur, unum calchantis in summo vertice, cui qui oraculum requirunt, arictem immolant nigrum, et indormiuntus ejus pelli: alterum Podalirii in imo ad radices collis, C. fere a mari distans stadiis: inde profluit rivus omnis generis morbos pecoris sanans. Or ciò conferma di esser diomede approdato ne’ nostri lidi dopo l’eccidio di Troja, e di averci lasciati fra gli altri monumenti que’ due sacelli di Calcante, e Podalirio, de’ quali ammirò i prodigi nell’assedio di quella città. Or qual’è quel dauno colle Drion? Chi lo reputa dove l’apparizione avvenne di S.Michele sul Gargano…, chi reputa il sacello di Calcante, dove fu il tempio col monastero diruto di S.Maria di Pulsano…: e l’altro sacello di Podalirio, dov’è il monastero Benedettino di San Giovanni In Lamis, un miglio all’ est sopra San Marco in Lamis… Chi reputa quel sacello di Calcante sul monte di Castelpagano… reputa poi quello di Podalirio, dov’è il tempio diruto con mezz’arco in aria, e tre muri Nord, Ovest e Sud del Monastero benedettino di S.Giovanni in Piano… Altri reputa quel sacello di Podalirio la chiesa della fu Badia Benedettina di Montesacro…. tomo I parte III pag. 186,187
L’apparizione dell’Arcangelo Michele del 490 d.C sul Gargano, in concomitanza con l’avvento del cristianesimo, che stava mettendo in secondo piano i culti pagani, portò ad una lenta ma costante urbanizzazione del Gargano con la creazione di centri abitati permanenti. Questo, in larga parte, fu dovuto ai numerosi pellegrini che iniziarono ad addentrarsi sul Gargano, considerato da sempre un luogo impraticabile ed ostico all’uomo. La meta finale di questo viaggio era la città di Monte Sant’Angelo.
Nell’entroterra del Gargano una serie di concause portò alla fondazione di civite e paesi come San Marco in Lamis e San Giovanni Rotondo, tappe fondamentali di una famosa via conosciuta come La via Francigena. Riportiamo alcuni documenti che si riferiscono all’abbazia di San Giovanni in Lamis (attuale convento di San Matteo):
- Nel Sigillum del 1030 si fa riferimento a “stratam quae dicitur Francesca ubi sunt magni lapides” sotto Monte Calvo e a “stradam francescam” nella zona di Stignano.
- Nella Conferma di Enrico, conte di Monte Sant’Angelo, del 1095 si riferisce che il confine dell’abbazia passava vicino al Pantano sotto Monte Calvo “et vadit ad stratam Francescam ubi sunt magni lapides” e poi proseguiva nella valle di Stignano “ad stratam quae dicitur francesca”.
- Nella Conferma di Ruggero II, normanno, del 1134 si cita la ‘Via Francesca’ relativamente al tratto posto ad est del monastero di San Giovanni in Lamis, fra San Giovanni Rotondo e Monte Sant’Angelo. Guglielmo II nel 1176 ribadisce la “stradam quae dicitur Francesca” passava sotto Monte Calvo.
Negli ultimi tempi molto si è detto sulla veridicità dell’esistenza di questa Via Francigena, che qualcuno trova più consono chiamare Michaelica. A noi questo non interessa, l’unica cosa certa è che comunque esisteva una via dei pellegrini che attraversava la Valle di Stignano.
Per questo motivo, nel corso dei secoli vennero eretti innumerevoli edifici religiosi che ospitavano i pellegrini lungo il loro tragitto. Non esiste molta documentazione precedente all’anno mille, ma probabilmente il primo ordine monastico ad addentarsi nel Gargano furono i Benedettini, a testimonanianza di ciò vi è il fatto che intorno al X secolo in tutto il Gargano furono numerosi gli edifici di questi tra i quali San Nicola Imbuti, San Giovanni in Lamis, San Giovanni in Piano, Santa Maria di Tremiti, etc. e che molti di questi furono eretti su precedenti strutture (ville romane o templi pagani) , caratteristica propria delll’ordine benedettino. In un secondo momento vi furono i Francescani, i quali influenzarono notevolmente la parte occidentale del Gargano ed i Pulsanesi quella orientale.
Tra i tanti edifici, in tutto il Gargano vennero edificati anche numerosi eremi.
- Nel Gargano orientale troviamo l’abbazia di Pulsano ed i suoi eremi annessi. Subito dopo l’anno mille i pellegrini arrivarono in massa non solo dalle regioni italiche, ma anche da quelle orientali testimoniate dall’arrivo di molti fedeli provenienti dall’impero di Costantinopoli a Monte Sant’Angelo. Dobbiamo tener presente che Monte Sant’Angelo nel Medioevo fu la città santa più importante dopo Gerusalemme, Roma e Costantinopoli e che come tale fu meta di imperatori, cavalieri e viandanti che partivano per la terra Santa dai porti delle Puglie e della Sicilia.
- Nel Gargano occidentale la situazione risulta parecchio più complessa. La complessità è dovuta a fattori di svariato genere (che non verranno approfonditi in questa pagina) come la minore importanza religiosa dei centri abitati, il difficile smembramento del feudo di Castelpagano, la mancanza di una comunità religiosa in grado di recuperare e valorizzare il territorio come è avvenuto a Pulsano, l’estensione territoriale sulla quale questi sono dislocati e soprattutto la mancanza di studi sistematici. Solo dopo un decennio di studi e divulgazione questi eremi riescono a trovare un’identità propria sotto il nome di Eremi della Valle di Stignano.
La valle di Stignano possedeva molti eremi, come testimoniato in molti scritti e come riportato su vecchie cartografie. All’epoca era un luogo selvaggio ricco di anfratti, canali, cavità e pendii ma allo stesso tempo tranquillo, dove poter pregare e meditare indisturbatamente. Ancora oggi nei toponimi si trova nella valle una località detta “Furesta”. Sicuramente questi eremiti offrivano riparo ai tanti pellegrini che risalivano la valle della Cisternola per recarsi alla grotta di San Michele. Padre Serafino da Montorio, nell’ XVIII secolo scrisse: “Da due falde del monte Gargano nasce una valle, non meno spaziosa che amena, detta comunemente di Stignano, nella quale fra molte altre chiesette, abitate da esemplari romiti, vedesi innalzato un vago e magnifico tempio dedicato alla madre di Dio e ivi annesso un ben capace convento di padri minori osservanti di San Francesco”.
Il fenomeno dei romitaggi nella valle di Stignano terminò a cavallo tra il XVII e XVIII secolo quando l’intera zona fu infestata da malavitosi e briganti, tanto che lo stesso Santuario di Stignano fu chiuso.Nei secoli successivi molte di queste stutture, in particolare gli edifizi e le grotte collocati nelle valli sotto Castelpagano vennero adibite a covo di briganti su cui nelle biblioteche locali vi è ampia documentazione grazie anche ai numerosi ritrovamenti che in codeste grotte vi furono (armi, danari, bottini dei saccheggiamenti, vestiari, etc.). Questo posto fu prediletto da costoro perchè sconosciuto ai piemontesi, ostico per natura alla gente comune tanto che spesso le guardie dovettero far ricorso ai pastori locali per esplorare le zone. Inoltre nelle vicinanze vi erano le campagne dove potevano far tranquillamente razzie di ogni genere. E’ davvero paradossale come gli stessi motivi che spinsero secoli prima gli uomini a costruire degli eremi solitari per la preghiera, furono gli stessi che fecesero si che i briganti trovassero rifugio nella stupenda valle.
Oggi a noi non restano che pochi ruderi dimenticati, ma non di certo privi di valore, che noi abbiamo iniziato a censire e studiare con metodologia per poter divulgare un pezzo di storia della nostra terra che ha rischiato seriamente di scomparire per sempre dalla nostra memoria.
Oltre a questo stiamo avviando dei progetti di recupero storico e naturalistico degli Eremi di Stignano, coinvolgendo gli Enti locali ed i privati cittadini affinchè questo patrimonio possa essere fruibile da parte di tutti. Questo sito è la testimonianza viva del nostro progetto che abbiam voluto chiamare “LA VALLE DEGLI EREMI”.