Eremo di Sant'Agostino - 2012, foto Ludovico Centola

Eremo di Sant’Agostino – Comune di San Marco in Lamis,  2012 – foto Ludovico Centola

E’ situato a 377 mt dal livello del mare alle pendici di un monte, proprio dove inizia ad erigersi il promontorio del Gargano, nella già nota valle della Cisternola che un tempo fu prediletta dagli eremiti. A differenza di tutti gli altri edifici diruti, questa si presenta in uno stato discreto tanto che la struttura è ben comprensibile, ed i crolli non sono molti (anche se negli ultimi decenni ci sono stati crolli che ci hanno fatto perdere parte degli affreschi).

Tutt’ora si possono ammirare alcuni affreschi in una delle due cappelle anche se non si trovano in buono stato perchè  queste nel corso dei secoli furono usate come rifugio dai pastori che non si facevano scrupoli ad appicare fuochi in luoghi affrescati e forse mai sconsacrati.
Alcuni studiosi  locali affermano che questi affreschi risalgano XVI secolo, mentre io credo che siano poco precedenti a questa data se confrontati con quelli di altre costruzioni.

Affreschi presenti nella chiesa ovest

Affreschi presenti nella chiesa est

Foto struttura fuoco comune


Si può notare bene un San Michele Arcangelo nell’intento di scacciare un demone, una Eva, forse una Santa Lucia ed un singolare affresco raffigurante tre frati di cui uno a cavallo che io non escludo possa essere San Francesco che passò quasi sicuramente nella valle di Stignano nel 1216, durante il suo viaggio a Monte Sant’Angelo, ma vi è anche l’ipotesi che che il frate a cavallo potesse essere San Pietro da Morrone o meglio papa Celestino V, che fu catturato il 16.05.1295 da Guglielmo l’Estendard, per ordine di papa Bonifacio VIII a Vieste, infatti come riporta la professoressa M.T.Rauzino:

“Dopo la rinuncia al pontificato, il fuggitivo si era diretto verso il monastero di San Giovanni in Piano presso Apricena, che seguiva il suo ordine religioso; si era quindi imbarcato a Rodi per la Grecia, dove probabilmente intendeva raggiungere la comunità degli spirituali di Clareno, ma la nave naufragò. La località a “quindici miglia da Rodi e cinque miglia da Vieste”, dove trascorse nove giorni prima di essere individuato e consegnato agli emissari di Bonifacio VIII, non è stata individuata precisamente dai biografi coevi (Analecta Bollandiana, Vita C).
Lo storico viestano Giuliani indica la spiaggia di Santa Maria di Merino; Giuseppe Martella afferma che Celestino V trovò rifugio in una grotta di Peschici, “’a grott ‘u papa”, localizzandola in una pineta a ridosso della punta di Calalunga, tra Peschici e Vieste. Fonti orali riferiscono che Celestino V si rifugiò proprio in questa zona rupestre, la “Grotta dell’Abate”: è qui che sarebbe stato “prelevato” dal governatore di Vieste.
La presenza di Celestino V nel luogo suddetto sembra  confermata da un particolarissimo toponimo: l’insenatura da cui si diparte il sentiero che conduce al complesso rupestre è denominato “U’ Iale d’ la Croce” (spiaggetta della Croce). E il logo dello stemma celestiniano è appunto una  Croce con una S intrecciata, simbolo dello Spirito Santo “

Una serie di concause mi porta ad ipotizzare che il papa eremita sia passato proprio per la valle di Stignano, infatti:
– la suddetta valle era la porta di accesso occidentale del Gargano e molti pellegrini prediligevano questo percorso per la praticabilità e perchè era la via Sacra Langobardorum.
– San Giovanni in Piano di trovava nel feudo di Castelpagano (o domus Procina) così come il Convento di Sant’Agostino.
– per certo lui stava fuggendo dalle milizie di Bonifacio VIII, quindi gli conveniva passare per i monti come un normale pellegrino e non per la costa.
allora è ipotizzabile che il santo abbia avuto accesso al Gargano proprio da questa zona.

Tornando alla struttura, tutt’intorno le mura perimetrali vi dovevano erano le tombe dei monaci e degli eremiti che romitavano nelle dipendenze del convento, come viene riportato nelle carte ritrovate a Stignano ed elaborate da G.Tardio, le cui ossa dopo molto tempo venivano depositate nell’ossaio della chiesa, purtroppo divenuto deposito di letame nel corso dei secoli. Anche un agricoltore di San Marco in Lamis, A. Tenace racconta che suo padre mentre stava governando gli animali nelle mura del convento (diventato nel corso dei secoli riparo per il bestiame) scorse alcune ossa. Incuriosito si mise a scavare fino a ritrovare ben 36 crani umani i quali furono poi gettati nella cisterna che una volta doveva fornire l’acqua al convento.
E’ testimoniato che i monaci che morivano negli eremi dipendenti da questo venivano portati a Sant’Agostino ed ivi sepolti. Infatti si leggee in alcune carte:

– Gli altri eremiti non vedendo fra Alberto andare alla consueta Messa della domenica andarono al ronitoricchio dell’Annunziata e trovarono fra Alberto con la croce fra le braccia ed il libro delle orazioni aperto sulle mani, lo sguardo levato al cielo come in estasi in tale atteggiamento un coro d’Angeli suonava e si rese palese il sereno transito dell’anima dolcissima di fra Alberto che dal gracile corpo volò tra le braccia di Dio. Nel portarlo a Sant’Agostino si accorsero che quel romito che chiamavano fra Alberto e che per quarant’anni aveva vissuto solitario all’Annunziata non era un maschio ma una femmina e che aveva celato le sue vere sembianze per poter vivere senza differenza tra maschio e femmina solo al cospetto di Dio.

– Ma già correva circa il ventitreesimo anno che fra Giovanni Battista menava la vita in quel luogo solitario, allorché piacque al Signore di sciogliere il caro vecchio dai lacci del suo corpo dimagrito ed estenuato, il che avvenne per mezzo di una malattia di pochi giorni. L’eremita, dopo aver ricevuto i SS. Sacramenti, se ne volò al cielo colla bocca sorridente il 16 gennaio 1708. Appena si divulgò la fama della morte del venerando eremita, ciascuno accorreva dolente per vedere ancora una volta colui al quale nel corso di sua vita aveva ricorso per aiuto e per conforto. E siccome generalmente cresce vieppiù l’affetto e il desiderio verso una persona quando questa vien tolta, così solo dopo la sua morte si poté bene accertarsi quanto egli fosse amato dai suoi devoti. L’accorrere infatti del popolo, il compianto, il lamento divennero generali e s’accrebbero nel dì della sua sepoltura, nell’oratorio di Sant’Agostino, nel qual la folla del popolo che andava e crebbe a tale, che sembrava una processione continua. Questi con flebile voce lo chiamava beato, quegli santo, ciascuno ne esaltava la pia e virtuosissima vita. Per cominciare i funerali fu necessario cacciar il popolo colla forza. Allorché esso vide levare il cadavere per seppellirlo, fu una ressa per baciar la faccia, le mani del defunto, per torgli il rosario, il cordone di cui era cinto, o qualche cosa che il venerando eremita avesse usato in vita, se pur loro venia fatto, o tagliargli un pezzetto del suo saio, così che, se non fosse intervenuta l’autorità, egli sarebbe stato spogliato del tutto.

– Tale si fu fra Giovanni Battista. Nella chiesetta di S. Agostino, ristaurata da ultimo, si trovarono nell’avello ventisei scheletri intieri ma nissuna traccia di abito, per cui non si seppe precisare nulla di più, né distinguere quale dei ventisei sia stato quello del Caneney.

Sempre nel manoscritto (che trovate integro nella sezione download), vi sono altri riferimenti al convento:

– Unito totalmente Pietro al suo Dio nella contemplazione dei misteri celesti e nell’esercizio continuo della mortificazione e della più aspra penitenza, egli non usciva mai da lì, se non per discendere all’adiacente oratorio di San Agostino o per procacciarsi, tra quei paurosi burroni, fra gli agresti frutti e le amare radici, il suo alimento.

– Nel suo peregrinare andò alla Sacra basilica di San Michele e incontrò gli eremiti nella valle di Stignano e entrò nell’ eremo di San Giovanni,3 per fare ivi vita eremitica con fra Sebastiano, ricevuto già alla Religione con la corda da Laico sotto il beato patriarca San Francesco. Fra Ettore, fatta la prova presso l’eremo di Sant’Agostino e ricevuta la patente dal padre guardiano visse santamente.

– Nelli eremi vi introdussero strigoni, ossia indovini o strologhi, non si sa se per ispirito di proselitismo o d’interesse. Fatto si è che a poco a poco si misero a spargere le loro dottrine, a destare l’odio contro del Clero, a suscitare questioni e violenze nella valle. Affine appunto di reagire a questa corrente il vescovo di Lucera fu indotto a fondare il luogo di S. Agostino per organizzare i eremiti.

Nei due canali a destra della struttura vi sono innumerevoli cavità e costruzioni precarie destinate al romitaggio ai quali non so associare un nome per mancanza di prove certe, questo a testimonianza della fervida attività che vi doveva essere all’epoca.

L'eremo di Sant'Agostino prima dei recenti crolli in un disegno di Annalisa Nardella

L’eremo di Sant’Agostino prima dei recenti crolli in un disegno di Annalisa Nardella

Fu senza dubbio una delle più grandi costruzioni cristiane che si potevano trovare nella zona. Molto approssimativamente si potrebbe si potrebbe far la struttura all’XIII secolo, probabilmente sotto il pontificato di papa Alessandro IV (il pontefice che riformò gli Eremitani di Sant’Agostino nel 1256). Certamente perse la sua funzione principale con lo sviluppo del convento di Stignano tanto da essere abbandonato qualche secolo dopo la costruzione di quest’ultimo (non di certo prima, data l’età degli affreschi) per tanti motivi pratici e logistici, uno dei quali doveva essere la gran penuria d’acqua che ha sempre afflitto la zona nel corso dei secoli, e la decandenza dei fenomeni romitori nella zona. Non escludo che qualche eremita potesse continuare a beneficiare della struttura nel XVIII sec. come testimonia Matteo Fraccacreta nel suo Teatro Storico Poetico della Capitanata

Per certo questo Convento dipendeva dal Santuario di Stignano, come si legge in un documento:

“Il Rev. Padre Guardiano del Convento degli Osservanti di San Francesco di Santa Maria di Stignano deve esercitare la sua autorità ecclesiastica sopra la chiesa di S. Agostino e eremi annessi, e Eremiti ivi dimoranti ne possono pretendere li SS.ri Caconici in contrario per quello che segue:
Primo: perché la chiesa di S.Agostino è filiale del Convento di Stignano con le sue cappelle e eremi come consta dalle antiche costumanze.
2. Perché comun filiale del Convento di Santa Maria di Stignano vengon dalla medesima mantenute di tutto il bisogno, e riconosciuta dal Fiscale che le dichiara ecclesiastiche fratesche non altrimenti laicale.
3. Perché sono state riconosciute e visitate per secoli intieri dalli Rev. Padri Guardiani del Convento di Santa Maria di Stignano con autorità assoluta comandando e facendo eseguire per il riparamento e restaurazione e decoro di quelle dalli eremiti terziari.
4. Perché appar sopra le muraglie delle stesse il titolo della consacrazione onde non può soggiacere al laico.
5. Perché S E il Sig. Vescovo nelli bisogni di essi eremi ha sempre ricorso al Rev. P. Guardiano e ha riconosciuto il medesimo per solo superiore nella spiritualità, come risulta dalle carte.
6. Le patenti alli eremiti vengano consegnate dal Rev.do P. Guardiano che impone la penitenza, il cordiglio e la pazienza”

E’ anche documentato che in un certo periodo questa costruzione fu abitata anche da donne, infatti:
– Dopo esser stato sedotto per cavar tesori fu fra Lucchichino trionfatore più volte del demonio, una volta quando lo cavò pensando al fargli rompere il voto della clausura e di continenza, il che non gli fu attribuito a peccato; perché non fu volontario; un animale vigoroso ruppe le sbarre e lo maschetto e lo costrinse a rifugiarsi a Sant’Agostino dove stavano le Verginelle a Dio consacrate all’ora, che era in età di 40 anni, pensò di fare dell’uno e dell’altre acquisto, sapendo come per il passato era stato inebriato. Ma veduto che il primo era stato vano, venne due altre volte all’assalto.


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